Da alcuni anni e dopo esperienze molto diverse, ho scelto di lavorare nel settore della disabilità e del disagio sociale. In questo ruolo che ormai svolgo da diversi anni, mi rendo conto ogni giorno di più di quanto sia importante, per chi si trova a vivere qualunque forma di handicap, poter trovare una via per autorealizzarsi. Naturalmente il lavoro è la principale fonte non solo di autorealizzazione ma anche di inclusione sociale quanto mai importante in questi casi.
Spesso, però, le persone in difficoltà non riescono a svolgere da sole il lavoro che pure si è riusciti in qualche modo a trovare, e questo a causa sia degli impedimenti fisici ma anche psicologici, quando non psichiatrici della loro condizione.
Ecco allora che assume una grande importanza qualunque aiuto che non metta però a rischio l’autostima di queste persone. E’ infatti fondamentale che si consolidi un equilibrio psicologico interno che permetta di poter compiere un percorso di vita simile a quelle di una persona qualunque.
Un altro aspetto molto importante da considerare è il contributo che queste persone possono dare al resto della società e non solo, come spesso si pensa, che la società può dare a loro. Una persona con problemi psicologici, psichiatrici o con vari tipi di handicap fisici, è portatrice di punti di vista da cui guardare il “sistema complesso realtà” inconsueti e spesso di grande valore per il resto della società.
Seneca già nel I secolo d.C. scriveva che “nessun genio fu mai senza follia” e da allora anche molti casi di grandi geni hanno confermato la stessa tesi.
A titolo di esempio, è noto che Newton era prossimo alla paranoia, Goethe oscillava tra depressione e stato maniacale e Van Gogh soffriva di psicopatia. Anche se, a dire il vero, la condizione economica agiata, salvò i primi due dal manicomio che invece toccò al terzo.
Nei primi anni del Novecento , il fondatore della cosiddetta psicologia analitica C. G. Jung , dopo una fitta serie di scambi con il premio nobel per la fisica Wolfgang Pauli, che si era rivolto a lui per diversi suoi disturbi, arriva a dire che “l’associazione simbolizzante nello psicotico diventa delirio, nel genio si fa sentire all’esterno solo come una più intensa esperienza vissuta”. I due nel 1952 arrivano addirittura a pubblicare un lavoro congiunto sull’importanza della sincronicità, dell’inconscio e degli archetipi nel pensiero scientifico.
Una ulteriore conferma è arrivata da molte ricerche di diverse università dopo il 2000, che hanno confermato anche una correlazione statistica tra varie forme di disagio mentale e capacità di produrre innovazione e valore sia nella tecnica che nell’arte. La rivista “Nature Neuro science” pubblica ad esempio, nel 2015, una ricerca condotta in Islanda, Svezia e Olanda, dal prof. Kari Stefansoon, che dimostra l’importante correlazione tra le anomalie nei processi cognitivi di persone affette da schizofrenia e disturbo bipolare e la maggiore probabilità che hanno questi soggetti di essere artisti o inventori. Grazie ad un enorme database raccolto , i ricercatori hanno evidenziato una correlazione tra chi ha i geni più a rischio di queste patologie e chi nella sua vita ha prodotto innovazione significativa in un qualche settore della conoscenza umana. Questo sembra spiegare come le opere migliori sono spesso dettate da sentimenti di profonda malinconia o, al contrario, da picchi improvvisi di euforia. Pare che la maggiore esposizione a queste emozioni aumenti, anche a parità di altri parametri, la creatività.
,Per capire quale meccanismo sia in effetti in atto, un team di psicologi svedesi del Karolinska Instituteha utilizzato un registro con 1,2 milioni di pazienti psichiatrici e ha scoperto che le persone che lavorano in settori creativi, tra cui ballerini, fotografi e autori, avevano l’8% in più di probabilità di vivere con disturbo bipolare. Percentuale che sale per gli scrittori al 21% e che pone per l’intero campione quasi il 50% in più di probabilità di commettere suicidio rispetto alla popolazione generale.
Una scoperta interessante è stata fatta utilizzando il test del pensiero divergente , che ha permesso di isolare i volontari più fantasiosi e capaci. Questi, pur essendo sani, hanno evidenziato un sistema dopaminergico con molte similitudini con quello rilevato negli schizofrenici. In particolare mancherebbe il ricettore d2 della dopamina in entrambi i casi.
Passando ad un altra considerazione, dobbiamo ricordare che la moderna ricerca scientifica ci presenta il nostro mondo come un “sistema complesso” dove un numero in continua crescita di interazioni in qualche modo ci lega tutti. Un sistema complesso dove come indica la teoria del caos, una variazione anche minima del sistema ( come la semplice esistenza di una di queste persone in difficoltà) può portare ad evoluzioni enormi, quanto imprevedibili in un futuro anche non lontanissimo.
Ricordo che in matematica e fisica la teoria del caos è lo studio, attraverso modelli propri della fisica matematica, dei sistemi dinamici che esibiscono una sensibilità esponenziale rispetto alle condizioni iniziali.
Tutto questo per ricordare anche a chi, volesse considerare queste persone svantaggiate “improduttive”, quanto invece anche loro contribuiscano , a volte anche con la loro semplice esistenza, ad una fitta rete di interazioni complesse che permette a sua volta alla nostra civiltà di evolvere . Anche – e forse soprattutto – queste persone, possono dare un contributo ai processi di “intelligenza collettiva” che il nostro mondo sempre più spesso presenta e che rappresentano la nostra principale speranza per costruire un mondo migliore.
Personalmente considero tutte le persone ed anche me stesso, come parti di qualcosa di più grande in continua evoluzione. Sono convinto che prenderci cura di queste persone in qualche modo sia come prenderci cura di noi stessi. Credo che oltre che etico sia anche utile per l’evoluzione collettiva dell’intero sistema.
E’ anche per questo motivo che, ad un certo punto della mia vita, ho voluto fare esperienza lavorativa diretta in questo settore. Un esperienza che se da un lato non mi porta certo grandi ritorni economici, mi da dall’altro grandi soddisfazione umana.
Ermanno Cavallini
Salve, soffro di dbp e faccio il fotografo, purtroppo la serietà professionale in molti psichiatri del servizio pubblico è inesistente ed è molto triste che il genio e/o follia che proviene da questi disturbi venga considerato dalla gente “normale” peggio di una malattia contagiosa.
Grazie della tua testimonianza Massimiliano, in effetti la rigidità degli ancoraggi mentali di molti mantiene un pregiudizio diffuso su questo tema. Del resto la storia ci insegna che guasi tutte le grandi innovazioni hanno sofferto all’inizio l’avversione insensata di molti. Alla base di tutto c’è la paura di molti di perdere l’equilibrio (sano o meno che sia) raggiunto.