RICOSTRUIRE LA SOCIETÀ INTORNO ALLA QUALITÀ DELLA VITA.

Molti si chiedono il perché di tanti squilibri, malattie e disfunzioni nella nostra società, pur registrando possibilità enormi che il progresso tecnologico e umano ci ha messo a disposizione.

Una delle cause principali è che ancora oggi, risulta diffuso a livello di massa, il negativo concetto per cui la massima felicità nella vita corrisponde alla massima ricchezza economica, cosa che come ormai dimostrato dagli studi scientifici del professor Easterlin e di tutti i suoi successori, è fondamentalmente falso.

Il punto di riferimento sano, invece è puntare alla massima qualità della vita, concetto più complesso ma riassumibile nella adeguata disponibilità di beni , servizi, buone relazioni sociali e con l’ambiente, di cui ogni cittadino deve poter godere.

Anche se questa definizione è utile come nuovo “ancoraggio mentale di riferimento”, funzionale a sostituire quelli ormai divenuti obsoleti, approfondendo dobbiamo ricordare che la qualità della vita è un argomento assolutamente trasversale, multidisciplinare e complesso, che investe, coinvolgendole (consapevoli o meno) tutte le persone, a prescindere dalla loro razza, appartenenza politica o credo religioso.

Il problema è che il comune cittadino non è oggi ancora sufficientemente allenato a concepire e valutare sistemi complessi quale è la nostra realtà, ed è sempre in cerca di eccessive semplificazioni o slogan che però spesso ci inducono in tragico errore.

A tal fine, l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), dopo una lunga ricerca condotta nei 34 paesi ha messo a punto un indice per la misurazione del benessere, denominato ‘Better life index’ (BLI),  che si basa su una lunga lista di indicatori, raggruppati in undici gruppi tematici. Il BLI si propone come superamento del concetto di PIL, che si è dimostrato ormai superato come parametro di riferimento per valutare il grado di salute economica di uno Stato e le condizioni di vita dei suoi abitanti. Il BLI prende in esame 11 indicatori: abitazione, reddito, lavoro, partecipazione civile, istruzione, ambiente, governance, salute, soddisfazione personale, sicurezza, equilibrio vita/lavoro. Una serie di parametri che vuole tener conto allo stesso tempo del benessere materiale, della qualità della vita (reale e percepita) e della sostenibilità ambientale.

Il segretario generale dell’ Ocse, Angel Guria, ha dichiarato: In tutto il mondo molti cittadini chiedevano di andare oltre il PIL. Questo indicatore è indirizzato a loro ed ha un potenziale straordinario per aiutarci a proporre politiche migliori per una vita migliore”.

Analizzando le schede paese presentate dall’ Ocse, si rileva che la media dei ‘soddisfatti’ raggiunge il 59%. Maggiormente soddisfatti della qualità della loro vita si sono dichiarati i Canadesi (91%) e i Danesi (90%). L’ indice di soddisfazione è più basso in Estonia (24%), in Slovacchia (27%) e in Turchia (28%). L‘ Italia è collocata un po’ al di sotto della media Ocse (54%), insieme ad altri paesi europei come la Spagna (49%), la Francia (51%), la Germania (56%). Esistono anche altri tentativi di misurare in modo scientifico la qualita della vita, di cui forse i due più importanti sono GNH (Gross National Happiness) ed il NHI (National Happiness Indicator) , ma molte altre università e organizzazioni ne stanno proponendo di nuovi.

Dall’analisi di questi studi e di come sta evolvendo sempre più velocemente la nostra realtà risulta evidente come deve cambiare l’oggetto delle nostre aspirazioni , transitando dalla massima ricchezza personale possibile alla massima qualità della vita possibile.

Per garantire la massima qualità della vita possibile ad un maggior numero di persone possibili serve che la forbice sociale tra ricchi e poveri non superi un certo valore, anche per evitare che le dinamiche della crescente automazione e robotizzazione in arrivo (quarta rivoluzione industriale) aumenti ancora di più il divario, facendo precipitare una situazione di per se già esplosiva.

Un recente studio di De Masi, commissionato da alcuni parlamentari italiani, ci rivela che entro il 2025 a causa della “industria 4.0” si perderanno circa 5 milioni di posti di lavoro a parità di produzione.

Se non si introdurrà un sistema analogo a quello proposto dal “capitalismo a doppia valvola di sicurezza” , si rischia fortemente che la maggiore efficienza produttiva ottenuta grazie ai robot, invece di restituire benefici per tutti, concentri ancora di più il potere economico in ancora minori mani, aprendo la strada a una sorta di nuovo medio evo tecnologico in cui pochi potranno di fatto controllare intere popolazioni; realizzando una involuzione oligarchica che è l’opposto di qualunque democrazia auspicabile.

Per scongiurare questa grave situazione, dobbiamo sostituire i vecchi “schemi mentali di riferimento” che ci portano a perseguire la massima ricchezza personale possibile, con altri nuovi che ci portano a perseguire invece la massima qualità della vita possibile.

Proprio intorno a quest’ultima è nata la teoria economica e sociale del “Bene comune” già “Capitalismo a doppia valvola di sicurezza” che l’associazione “Nuovo orientamento culturale” propone a tutti gli italiani per costruire un mondo rispettoso dell’ambiente e davvero migliore per tutti.

Ermanno Cavallini

la teoria economica e sociale del “BENE COMUNE” conosciuta anche come “CAPITALISMO A DOPPIA VALVOLA DI SICUREZZA”

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