Nel 1974, il famoso economista americano Richard Easterlin durante una ricerca, commissionata dal governo statunitense per stabilire come mai il PIL non aveva avuto la crescita prevista; distribuisce ad un vasto e vario campione di persone dei questionari anonimi. In questi chiede di dichiarare tra i molti altri dati, anche il guadagno economico annuo ed il grado di felicità soggettiva percepito.
Dal risultato di questo questionario e dall’incrocio con altri parametri oggettivi come il PIL, si produce, tra lo stupore e l’incredulità iniziale degli stessi ricercatori, una serie di grafici da cui emerge che se in una prima fase all’aumentare del reddito la felicità cresce, in una seconda essa rimane pressoché costante ed in una terza, con l’ulteriore incremento della ricchezza la felicità addirittura crolla!
I grafici risultanti da questa importante ricerca son principalmente tre.
il primo che si occupa del rapporto tra la felicità individuale e il reddito annuo, il secondo del prodotto interno lordo in funzione della felicità media popolare, Infine il terzo, che si occupa della misura della felicità media degli individui, in rapporto all’aumento del reddito.
Naturalmente i risultati inattesi creano un certo sconcerto, e temendo un errore vengono avviate anche da diversi altri gruppi di ricercatori simili ricerche. Tutte però sia pure con qualche differenza, sembrano confermale la veridicità della scoperta. I risultati di queste ricerche scientifiche conducono, dunque, ad una considerazione disarmante quanto fondamentale:
se da un lato il denaro è necessario per garantire una ottimale qualità della vita, dall’altro oltre una certa misura la ricchezza stessa fa crollare la qualità della vita!
Nello slancio divulgativo degli anni successivi , per spiegare al grande pubblico nasce “l’effetto del 10 pasticcino”.
Mettiamo che per esperimento ci venga offerto un vassoio con 10 ottimi pasticcini, realizzati dallo stesso pasticciere volutamente identici tra loro. Dopo aver mangiato il primo il nostro umore o la nostra felicità registrerà una salita ad un cero valore, dopo il secondo un po meno, il terzo ancora meno e cosi via per i successivi. Mettiamo che quando arriviamo all’ottavo ci sentiamo completamente sazi; mangiare il nono se costretti , ci porterà un certa contrarietà e un abbassamento dell’umore. Naturalmente ancor di più il decimo pasticcino.
Se sottoponiamo a questo semplice esperimento un numero significativo di persone otterremmo un diagramma raffigurante una campana di Gauss molto simile a quello ottenuto dal professor Easterlin.
In altre parole: una sempre maggiore ricchezza economica personale – di norma oggi desiderata – non produce la massima qualità della vita.
Al contrario, un incremento eccessivo della ricchezza determina, ad un certo punto, in un rapporto inversamente proporzionale, una progressiva diminuzione della qualità della vita.
Da questo clamoroso errore di indirizzamento dei nostri desiderata, in ultima analisi, derivano buona parte delle storture dell’economia e dei comportamenti sociali oggi osservabili.
Se proviamo invece ad immaginare una economia ed una società che non metta più al centro dei suoi sforzi la massima ricchezza economica, ma piuttosto la massima felicità relativa, ne deriverà una economia desiderabile – e di conseguenza una società futura – del tutto diversa e molto probabilmente, assai migliore.
A tal fine, l’ OCSE ha messo a punto un indice per la misurazione del benessere, denominato ‘Better Life Index’ (BLI), che si basa su una lunga lista di indicatori, raggruppati in undici gruppi tematici. Il BLI si propone come superamento del concetto di PIL, che si è dimostrato ormai superato come parametro di riferimento per valutare il grado di salute economica di uno Stato e le
condizioni di vita dei suoi abitanti.
Il BLI prende in esame 11 indicatori: abitazione, reddito, lavoro,
partecipazione civile, istruzione, ambiente, governance, salute,
soddisfazione personale, sicurezza, equilibrio vita/lavoro.
Una serie di parametri che vuole tener conto allo stesso tempo
del benessere materiale, della qualità della vita (reale e percepita) e della sostenibilità ambientale.
Il segretario generale dell’ Ocse , Angel Guria Angel , ha dichiarato: “In tutto il mondo molti cittadini chiedevano di andare oltre il PIL . Questo indicatore è indirizzato a loro ed ha un potenziale straordinario per aiutarci a proporre politiche migliori per una vita migliore”. Analizzando le schede paese presentate dall’ Ocse , si rileva che la media dei ‘soddisfatti’ raggiunge il 59%. Maggiormente soddisfatti della qualità della loro vita si sono dichiarati i Canadesi (91%) e i Danesi (90%). L’ indice di soddisfazione è più basso in Estonia (24%), in Slovacchia (27%) e in Turchia (28%).
L’ Italia è collocata un po’ al di sotto della media Ocse (54%), insieme ad altri paesi europei come la Spagna (49%), la Francia (51%), la Germania (56%).
Come sempre, qualunque positivo divenire non può che essere graduale, perciò è necessario perseguire il cambiamento meno “traumatico” possibile, a parità di positivi risultati che si potranno ottenere.
Questo è anche uno dei principali obiettivi che ci dobbiamo porre. Tenendo ben presente che, sempre, ogni azione – non importa quanto lungimirante e positiva -sarà nulla se non se ne mettono prima e subito le basi perché
possa svilupparsi in un futuro. Un futuro che attualmente non ci è dato sapere quanto potrà essere prossimo o lontano.
Dunque riassumendo, il prof. Richard Easterlin, evidenziò che nel corso della vita la felicità delle persone non corrisponde che solo in una prima fase alle variazioni di reddito. Come abbiamo osservato, secondo questo paradosso (che è tale solo in apparenza) quando aumenta il reddito e quindi il benessere economico, il grado di felicità (la qualità della vita) aumenta solo fino ad un certo punto, oltre il quale poi comincia a scendere, diminuendo progressivamente secondo una curva ad U rovesciata:
Insomma, per quanto ci sembri difficile crederlo, dal punto di vista della migliore qualità della vita non è conveniente per l’individuo essere sempre più ricco: essere troppo ricco, infatti – oltre la sommità della curva come mostra il precedente grafico -, gli aspetti negativi conseguenti a questa ricchezza eccessiva superano quelli positivi.
Quindi possiamo dire che la massima ricchezza desiderabile, tanto per l’individuo quanto per la società, corrisponde a quella sommità della curva del diagramma in esame. Il motivo è che a quel livello si realizza la “migliore efficienza” tra capacità economica e possibilità, per l’individuo, di goderne effettivamente; determinandosi, inoltre, la migliore incentivazione per la classe media e quindi anche un incremento della produzione di beni e servizi.
Purtroppo, per le persone che basano la propria autostima sull’ “avere” piuttosto che sull’ “essere”, la ricchezza finisce poi spesso per essere l’unico metro di autostima. Nei casi più gravi questa dinamica crea una sorta di ‘tossicodipendenza da potere’ derivante dalla ricchezza . Questa dipendenza patologica è per molti versi simile alle dipendenze da gioco di azzardo, e causa oltre che una intima fragilità psicologica intrinseca nei soggetti “portatori” anche effetti devastanti nelle persone che gli stanno intorno e per un “effetto domino” anche in buona parte della società intera.
Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili.
Federico Caffè
E’ un post molto bello. Credo che i dati aggregati non arrivino a un crollo della qualità della vita, ma sostanzialmente a un appiattimento. Cioè oltre un certo livello l’aumento della ricchezza pro capite non cambia nulla.
Riguardo al BIL occorre dire che per stabilire il più possibile oggettivamente i parametri sulla qualità della vita bisogna utilizzare metodi regressivi a partire dai comportamenti delle persone e non deciderli a tavolino, atlrimenti si rischia di fare del paternalismo.
La ringrazio molto del suo commento professore, il punto di vista di una persona che come lei studia da anni e ad alto livello, simili dinamiche è per noi molto importante. In effetti se anche come lei ci suggerisce, la felicità non scendesse ma rimanesse costante all’aumentare del reddito personale, le conclusioni a cui giungere non cambiano poi di molto. Le conseguenze negative sull “l’efficienza sociale” se cosi vogliamo chiamarla, di una eccessiva concentrazione di ricchezze, rimane un problema al fine di incentivare uno sviluppo culturale e non solo, della nostra società. Riguardo ai metodi regressivi per parametrizzare il BIL vorrei se possibile, che chiarisse ulteriormente quali strade possibili intraprendere.
Interessante. Potrebbe spiegarsi meglio a proposito dei metodi regressivi?
Ottimo articolo che dovrebbe essere letto da parecchi…
Grazie Emanuele credo che anche il metodo della “scelta perfetta” che tu proponi dovrebbe essere conosciuto da più persone, lo trovo uno strumento molto utile in diverse fasi riguardo a processi di elaborazione collettiva.
Molto interessante!!!
A quanto ammonta il reddito oltre al quale non si percepisce più felicità? Questa soglia varia da persona a persona, da società a società? Nasce da un confronto con altri individui?……
Certo Federico, la soglia varia tantissimo e per di più in funzione di molti parametri oltre che la percezione individuale. La stessa soglia individuata da Easterlin negli anni 70, oggi da un punto di vista quantitativo, ha perso significato. Tuttavia ora sappiamo inequivocabilmente che una tale soglia esiste, e solo questo cambia la visione delle cose. La nuova teoria economica e sociale del “Capitalismo a doppia valvola di sicurezza” parte dell’ipotesi che questa soglia si aggiri attualmente e in europa intorno ai 40.000 euro al mese. Tuttavia questo è solo un vaore arbitrario di inizio. Il vero valore di soglia dovrebbe secondo questa teoria poi essere determinato di anno in anno da un meccanismo automatico di tipo matematico che sposti questa soglia in funzione dell’ottenimento di un pareggio di bilancio dei conti dello stato, determinano a sua volta una serie di “retroazioni” pianificate che riequilibrino in maniera dinamica e non statica il sistema. Mi rendo conto che questa è una spiegazione eccessivamente sintetica e ti rimando quindi alla spiegazione di questa nuova teoria sull’apposita pagina di questo stesso sito: https://www.nuovorientamentoculturale.it/la-teoria-economica-e-sociale-del-capitalismo-a-doppia-valvola-di-sicurezza/
Il sintomatico comportamento di un bambino dopo la ‘soddisfazione’ di un capriccio, dovrebbe stimolarci una adeguata riflessione il cui esito finalenon può che coincidere con il … paradosso di Easterlin. Personalmente sono perciò convinto che la “felicità”, intesa come … soddisfazione del proprio spirito, sia conseguenziale alla serenità soggettiva in rapporto alle proprie esigenze. Se queste sono contenute nei valori affettivi, sociali, culturali, naturali, autenticamente umani, allora basta poco per sentirsi appagati. Se invece si è vittime di sub, egoistica cultura, magari conseguenziale alle nefaste influenze del Sistema che punta esclusivamente sull’AVERE, allora l’elaborazione e relativa attuazione del trattato “CAPITALISMO A DOPPIA VALVOLA DI SICUREZZA” risulterebbe indispensabile per regolamentare in modo saggio e rassicurante ogni singola esistenza, in rapporto al futuro dell’intera umanità.
Ti ringrazio delle tue considerazioni Romolo, che condivido pienamente. In effetti è difficile trovare soluzioni all’aspetto economico se non si considerano anche tutti gli altri aspetti del “sistema complesso” che in effetti è la nostra realtà.
Ottima analisi. Grazie.
Interessante. Potrebbe spiegarsi meglio a proposito dei metodi regressivi?