Ognuno di noi prima o poi si è chiesto se, e nel caso come, è possibile costruire un mondo migliore.
Molti addirittura, evitano il problema auto convincendosi di essere in balia degli eventi; è questo in realtà un facile modo per evitare la responsabilità di fare sforzi in questa direzione.
Altri, pur cercando attivamente una strada, di fronte alla difficoltà della sfida, si arroccano su convinzioni più o meno dogmatiche, legate a qualche eccessiva semplificazione della realtà.
Altri ancora, pur continuando tra alti e bassi la loro ricerca, si trovano smarriti dalla crescente interconnessione di eventi , nazioni e popoli; e si scontrano con il problema di riuscire ad avere una visione d’insieme sufficiente in un mondo obiettivamente, ogni giorno sempre più complesso.
Un problema che tutti si trovano a vivere è quello di una qualità della vita sempre meno determinata dalle proprie scelte individuali e sempre più dipendente da scelte fatte da enti, aziende o persone, spesso molto lontani da loro.
La crisi economica, con la dilagante sottoccupazione o l’immigrazione di massa, i cambiamenti climatici o la quarta rivoluzione industriale – che rischia di aumentare, invece che diminuire, la distanza tra ricchi e poveri – sono solo alcuni degli eventi a cui siamo esposti, ma su cui noi come individui abbiamo un controllo diretto pressoché nullo.
Tuttavia, gli orientamenti di massa e l’inconscio collettivo hanno ancora un grandissimo peso sulle scelte di chi decide, siano essi governi, parlamenti o grandi multinazionali. In questo senso, noi individui come cellule di un “corpo sociale” molto più vasto abbiamo un potere superiore a quello che normalmente si pensa.
In fisica le ricerche sulla Teoria del Caos ci hanno insegnato come in un sistema dinamico complesso (come appunto la nostra realtà), anche una variazione minima iniziale, potrebbe dar vita ad un processo esponenziale che di fatto porti enormi cambiamenti all’intero sistema.
Il sistema in questo caso è il mondo e ognuno di noi potrebbe dare il via all’ “Effetto Farfalla” ipotizzato dalla teoria in oggetto.
Un grande cambiamento anche in un singolo uomo potrebbe, grazie ad una fitta rete di interazioni, indurre al cambiamento molte altre persone, e portando alla fine al cambiamento di tutta l’umanità.
Questo ovviamente può verificarsi sia nel bene che nel male, ma la buona notizia è che noi non siamo completamente impotenti di fronte alla trasformazione sempre più veloce del mondo, ma anzi insieme a molti altri , pur in una interazione complessa, ne siamo gli artefici.
A questo punto rimane da affrontare il problema di come mai normalmente prevalga ciò che ci divide piuttosto che ciò che ci unisce. Eppure le cose che abbiamo in comune col nostro prossimo sono davvero tante. Ciononostante, in ogni partito, religione o azione collettiva nascono presto numerosi distinguo e infine scismi e fratture.
Dopo molto riflettere e sperimentare, sono giunto alla conclusione che, se non l’unico , un punto cruciale siano gli ancoraggi mentali che ognuno di noi si sceglie per vivere la propria vita. Sappiamo tutti che nessun essere umano è in grado di gestire in tempo reale la vasta complessità dell’universo in cui viviamo. Ecco allora che l’evoluzione ci ha donato la possibilità di vivere intorno ad una semplificazione della realtà, che ci scegliamo in funzione di ciò che percepiamo nelle nostre immediate vicinanze.
In pratica ognuno di noi si è costruito una visione della realtà in qualche modo più semplice dell’effettiva complessità intorno a noi. Una complessità in crescita sempre più accelerata che rischia, anche grazie al progresso tecnologico, di correre più delle nostre capacità di adattarvisi.
Naturalmente molti di noi fanno eccezione in diversi settori, ma complessivamente questo è un effetto che, più o meno, ci investe tutti. Il primo passo per superare questa voglia di non vedere i problemi e mettere la testa sotto la sabbia, è accettare il problema e cercare delle soluzioni.
Socrate oltre duemila anni fa disse , “La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere; perché io so di sapere più di te, che pensi di sapere”. Il bilanciamento tra la fiducia nella ragione e la profonda consapevolezza della propria ignoranza è uno dei doni più preziosi che il filosofo greco ha lasciato in eredità all’umanità intera. E’ su questa consapevolezza che, secoli dopo, è nato con Galileo Galilei ed altri il Metodo scientifico e da esso la tecnologia ed il nostro odierno benessere con la sua, allora impensabile, abbondante disponibilità di beni e servizi.
Ma questa consapevolezza nell’era della comunicazione totale, presenta un problema inedito per il cittadino medio. Ammettere di non sapere vuol dire sentirsi manipolabili e quindi insicuri, e questo per molti risulta inaccettabile. Ecco allora che il nostro inconscio sia individuale che collettivo, attiva delle risposte difensive, purtroppo non sempre adeguate che rischiano appunto di “buttare via il bambino con l’acqua sporca” come recita un vecchio detto contadino.
E’ innegabile che oggi la saturazione comunicativa ci bombarda di affermazioni multiple ed ognuna di queste contiene in sé la presunzione di verità; esattamente l’opposto quindi, della tesi di Socrate. Ma non dobbiamo cadere nel tranello di una eccessiva semplificazione e cercare al nostro meglio, di gestire la complessità della realtà in tutte le sue innumerevoli sfaccettature.
Da alcuni anni coordino un esperimento di intelligenza collettiva che coinvolge un migliaio abbondante di persone via internet. Un gruppo dinamico, volto a mettere a punto una nuova teoria economica e sociale per aiutare la creazione di un mondo realmente migliore. Anche noi abbiamo la nostra proposta, e anche noi abbiamo corso, in diverse fasi, il rischio di arroccarci sulla nostra proposta. Ma abbiamo capito alla fine che nessuna proposta può essere considerata la migliore con certezza assoluta. Abbiamo concluso però che questo non debba assolutamente frenarci nello sperimentare nuove soluzioni, a volte anche guardando gli stessi problemi con occhi nuovi .
Siamo qui quindi a presentavi la nostra proposta , non con presunzione di infallibilità , ma con la richiesta di riflettere a vostra volta su questa e se volete anche a dare un vostro contributo, anche critico ma, speriamo, costruttivo alla nostra proposta che abbiamo deciso di chiamare in un primo tempo
Capitalismo a doppia valvola di sicurezza, ma più recentemente “teoria del bene comune”.
Un caldo ringraziamento per averci seguito fin qui e ancora uno se vorrete poi postare qui sotto un vostro libero pensiero.
Ermanno Cavallini